Ed eccomi qui ad accostare tra loro due cose che in verità non c’entrano nulla l’una con l’altra, non fosse per averle lette e viste a poca distanza tra loro. O forse l’unico vero motivo è il senso di immobilità e inevitabilità che mi hanno trasmesso. Non che non ci sia azione in queste due storie ma la sensazione di silenzio non riesco a scrollarmela di dosso.
Probabilmente a parlarne cosi non faccio onore ne al romanzo Seta di Baricco, ne al film La foresta dei pugnali volanti diretto da Zhang Yimou, anzi farò sicuramente torto a tutte e due le cose, eppure non riesco a vederle come due storie singole e divise. L’unica cosa che hanno veramente in comune è il fatto di parlare di quella cultura orientale antica di cui io non so nulla, di quella cultura che non ho mai considerato a differenza di altre, di quella cultura che mi ha decisamente affascinato in questo momento.
Nonostante il libro Seta sia scritto in modo impalpabile come seta appunto, parli di Hervé Joncour, del Giappone e di un amore fatto di pochi attimi e di niente contro un viaggio lungo una vita e di piccoli intervalli a guardarsela passar davanti. Nonostante il film parli invece di una rivoluzione in Cina, in cui le arti marziali e la bravura quasi inverosimile con cui vengano praticate da Mei siano il sottofondo principale alla strana e tragica storia d’amore. Nonostante uno sia l’opposto dell’altro quanto ad azione, mi hanno fatto un effetto simile nel vederli e leggerli, entrambi tragici e passionali in un modo etereo e senza sostanza, solo per vedersi concludere perchè di fatto deve esserci una fine, ma che sarebbero potuti restare sospesi in eterno.
In effetti non c’è molto di cui parlare a parte questa idea di impalpabilità, di etereo, di surreale. Di per se il libro Seta non mi ha entusiasmato quanto Oceano mare di Baricco, e probabilmente se avessi letto questo per primo poi non avrei letto nient’altro di quest’autore. Bello si, ma mi ha lasciato a chiedermi se mi sia piaciuto veramente, e la cosa strana e che non riesco a rispondermi in un modo o nell’altro forse proprio per questo suo essere leggero e trasparente come seta. Ed anche il film, con il suo soffermarsi su questa elegantissima danza dei pugnali, con questa finta storia d’amore che poi è vera, e poi di nuovo finta e poi di nuovo vera. E con alcuni combattimenti cosi surreali da essere solo danza e poesia, fino al finale in cui la protagonista decide di morire in modo assurdo per salvare il suo amato dall’ex-amante, ed in questo modo lascia entrambi straziati dal dolore. E’ stato come guardare più un susseguirsi di danze e colori che seguire una vera e propria trama, lasciandoti poi sul finale a chiederti, ma cosa ho visto? Anche in questo caso non saprei dire se mi è piaciuto o meno, forse si, ma in pratica è talmente indefinibile da lasciarmi ancora adesso perplessa.
Ed ora che rileggo questo mio post, mi sembra di non aver scritto nulla, ma alla fine a parlare del nulla che cosa si può dire? Ogni cosa che dia un significato più concreto che etereo ne stravolgerebbe il senso.